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Chiusura piccoli tribunali: “nessun risparmio e tempi triplicati”
I sindaci e i presidenti degli ordini degli avvocati di Acqui, Tortona e Casale chiedono un incontro a Cota per l'apertura di un tavolo per rivedere la legge e valutare tutte le proposte. La chiusura ha portato solo disagi ai cittadini e nessun vantaggio. Cota ha lavorato solo per Alba e Pinerolo
I sindaci e i presidenti degli ordini degli avvocati di Acqui, Tortona e Casale chiedono un incontro a Cota per l'apertura di un tavolo per rivedere la legge e valutare tutte le proposte. La chiusura ha portato solo disagi ai cittadini e nessun vantaggio. Cota ha lavorato solo per Alba e Pinerolo
PROVINCIA – Immobili svuotati di pratiche e magistrati, mai i costi di mantenimento, a partire dal riscaldamento dei locali, restano a carico dei Comuni. E i tempi della giustizia sono “raddoppiati”. Le “prove” di accorpamento, dopo la chiusura imposta dalla legge nazionale 155 sul ridimensionamento dei piccoli tribunali, non piacciono e i sindaci di Tortona, Massimo Berutti, il vicesindaco di Acqui Terme, Franca Roso con il sindaco di Casale Monferrato Giorgio Demezzi, (foto in basso a destra) chiedono ora al governatore del Piemonte Roberto Cota di farsi promotore dell’apertura di un nuovo tavolo per ridiscutere la legge. La goccia che ha fatto traboccare il vaso e perdere la pazienza alle amministrazioni locali è stata la spedizione di Cota a Roma, davanti alla commissione giustizia del Senato che sta riesaminando la legge sul ridimensionamento dei tribunali, con i sindaci di Alba e Pinerolo. “La motivazione alla base della legge, ossia una maggiore efficienza e un risparmio di costi, ci aveva già lasciato perplessi. Il fatto che Cota abbia chiesto udienza davanti alla commissione solo con i sindaci di due comuni piemontesi, ci lascia amareggiati”, ammette Berutti. In Piemonte i tribunali che sono stati chiusi sono sette, in totale, “è la Regione che ha subito di più”, ricordano.
Perchè salvare i tribunali di Alba e Pinerolo e non anche quelli di Acqui, Casale e Tortona? Se lo sono chiesti i tre sindaci alessandrini anche se la questione “va oltre ai campanili”. E’ tutta la legge sul ridimensionamento che non piace e i tentativi di correttivo rischiano “di creare semplicemente cittadini di serie A e serie B”.
“Due anni fa, quando si iniziò a parlare di chiusura dei tribunali, ci fu un’altra ‘discesa’ su Roma con Cota – ricorda ancora Berutti – e avevamo ottenuto una proroga di due anni per consentire lo smaltimento delle pratiche. Quello che è successo recentemente ci sembra invece un atteggiamento non consono. Ci sentiamo offesi, amareggiati e danneggiati”. Nel frattempo la regione Piemonte ha sottoscritto insieme ad altre otto regioni la richiesta per l’indizione di un referendum popolare per l’abrogazione della legge, la 155 del 2012, sulla quale la Corte Costituzionale si pronuncerà a giorni, ed è stata riaperta la commissione giustizia in Parlamento per riesaminare il provvedimento ed applicare eventuali correttivi. In quest’ottica è inserito il viaggio romano di Cota.
Alla base del decreto legge 155 del 2012 che si fonda sulla legge delega 149 del settembre 2011, c’erano motivazioni relative ad una maggiore efficienza e ad un risparmio della pubblica amministrazione. “L’applicazione della legge ha però messo in evidenza tutti i limiti della stessa – sottolineano Demezzi e Roso – a partire dai risparmi che non ci sono stati.” Solo per fare un esempio, Acqui Terme ha da poco deliberato una spesa di 44 mila euro per il mantenimento della struttura che oggi ospita il giudice di pace e il personale del tribunale non ancora trasferito.
I presidenti degli ordini degli avvocati delle tre città, Enrico Zani, Pietro Caire e Piero Piroddi, mettono in evidenza le “mancate efficienze”. Se prima un ricorso per una separazione veniva fissato in trenta o al massimo sessanta giorni, “oggi con l’accentramento ad Alessandria, passano dai 6 agli otto mesi. Per non parlare degli sfratti dove i tempi sono praticamente raddoppiati”. I trasferimenti delle pratiche dai tre centri zona ad Alessandria sono già avvenuti, quelli dei magistrati sono in corso: “ma mancano i cancellieri, per cui non si trovano le pratiche e nessuno sa dove mettere mano”, dicono i tre presidenti. Le pratiche “viaggiano con gli autisti da un luogo all’altro, se questo vi sembra risparmio?” incalza Piero Piroddi.
La soluzione? Difficile da individuare. I tre sindaci provano a proporre l’istituzione di un tavolo, innanzitutto regionale, anche se la questione andrebbe risolta a livello nazionale. E chiedono a Cota di farsi promotore di un coordinamento tra tutte le regioni, almeno quelle firmatarie della richiesta di referendum. Tornare indietro e riportare i fascicoli nei piccoli tribunali? “Si potrebbe fare, sarebbe comunque meglio di adesso”, è l’opinione di Piroddi. Ma in realtà “va rivista complessivamente la geografia delle circoscrizioni”, aggiunge Caire.
“Dopo le consultazioni ministeriali avviate a novembre per unificare le attuazioni e le norme, siamo in attesa di un decreto correttivo che dovrebbe essere promulgato entro fine gennaio – dice ancora Caire – Questa riforma doveva essere ripensata e riproposta dopo aver fatto gli studi opportuni”.
“Se andiamo a parlare di disagi per i cittadini questi sono notevolissimi – ha chiosato il presidente dell’ordine degli avvocati di Tortona, Enrico Zani -: costi triplicati che vanno a carico dell’utente, tempi dilazionati per la fissazione e i rinvii delle udienze. Bisogna far sentire uguali tutti i cittadini perché tutti noi stiamo subendo dei disagi”.
“Nel piccolo la giustizia aveva una risposta più rapida e più efficiente -conclude Piero Piroddi –. Stiamo assistendo allo sfascio della giustizia. In più con l’accorpamento dei Giudici di Pace (nella nostra provincia Novi Ligure, Ovada, Serravalle e Valenza saranno accorpati ad Alessandria) si sfascerà anche questa giustizia di prossimità”.