La giunta regionale ha votato, declassati Tortona e Acqui
La giunta regionale ha approvato il piano sanitario: ospedale di Tortona verso la chiusura di rianimazione, pediatria, cardiologia e altri reparti. Cosa può ancora essere fatto per tutelarlo, le dichiarazioni dei decisori
La giunta regionale ha approvato il piano sanitario: ospedale di Tortona verso la chiusura di rianimazione, pediatria, cardiologia e altri reparti. Cosa può ancora essere fatto per tutelarlo, le dichiarazioni dei decisori
POLITICA – Alla fine la decisione è stata ufficializzata. La giunta regionale mercoledì 19 ha approvato il nuovo piano sanitario, che comprende una consistente razionalizzazione delle spese e una riorganizzazione della rete ospedaliera. Per quanto riguarda il territorio alessandrino, in concreto ci sarà il declassamento degli ospedali di Tortona e Acqui Terme, che perderanno il Dea di primo livello, dipartimento di emergenza e accettazione; da qui conseguiranno poi contrazioni e chiusure di reparti, la cui presenza era strettamente connessa alla presenza del Dea. Quindi a Tortona, quando il piano diverrà esecutivo, non ci saranno più Rianimazione, Cardiologia, Pediatria, Neurologia e Servizio trasfusionale. Non sono quindi state efficaci le azioni avviate in questi giorni dalla politica e dalla società civile per fare mutare la pianificazione della giunta regionale, anche se tali azioni sono state in verità finora solo abbozzate e non ancora concretizzate, visto il poco tempo intercorso tra la presentazione del piano sanitario e la sua approvazione in giunta. E non è stato considerato il parere negativo del Consiglio di Stato sulla forma in cui fu redatto il decreto firmato dall’allora ministro della Sanità, Renato Balduzzi, originario del Tortonese, su cui si fonda la razionalizzazione sanitaria piemontese e l taglio delle spese.
Unica novità rispetto alla relazione fatta dall’assessore regionale alla sanità Antonio Saitta alla commissione sanità, l’accorpamento dell’ambito ospedaliero di Tortona, che non sarà con Alessandria ma con Novi Ligure, senza però che esista più quella figura di ospedale di cardine che alcuni anni fa aveva unito in un’unica azienda le strutture novese e tortonese. In provincia quindi esisterà un solo ospedale “hub”, con il Dea di secondo livello, ad Alessandria, ce ne saranno due denominati “spoke”, con Dea di primo livello, a Novi e Casale, e due ospedali saranno definiti “di base”, con pronto soccorso semplice, ovvero appunto Tortona e Acqui Terme.

Ma quali saranno i tempi di attuazione di tali modifiche? L’assessore regionale alla sanità Antonio Saitta ha demandato il compito alle dirigenze delle Asl e Aso che verranno prossimamente nominate, per cui la decisione attuativa avverrà in primavera.
E al territorio resta qualche opportunità? Intanto andranno concretizzate le azioni lanciate nei giorni scorsi: la raccolta firme da parte dei comitati civici, la manifestazione promossa dal comitato Uniti per Tortona di fronte all’ospedale il 15 dicembre, un ulteriore gesto eclatante da parte dei sindaci del territorio in questi giorni, per quanto riguarda i gesti simbolici. Per quanto riguarda le azioni legali amministrative si valuta l’eventualità di un ricorso al Tar, che dovrebbe essere completato nel giro di 60 giorni, su cui sta lavorando il comitato tecnico messo in atto in comune, con il legale Marco Balossino a valutare se esistono estremi giuridici di impugnazione degli atti della giunta regionale per qualche vizio di forma, con i medici Giorgio Musiari, Antonello Santoro e Riccardo Prete ad esaminare le valutazioni tecniche e i parametri su cui dovrebbe basarsi la ristrutturazione ospedaliera, con il tecnico Fabrizio Dellacha che ha presentato una relazione in cui vengono indicate le criticità strutturali e le difficoltà del territorio conseguenti alla chiusura di tali reparti a Tortona. Si valuta anche l’ipotesi di prefigurare danno erariale, qualora i costi per dotare l’ospedale di Novi Ligure dei reparti ora mancanti per avere un Dea di primo livello fossero più elevati dei risparmi ipotizzati.
Intanto a rileggere le dichiarazioni che Sergio Chiamparino rese a Tortona in occasione della visita in campagna elettorale in cui prese visione dell’ospedale si ricorda come dichiarò al nostro giornale l’obiettivo di “evitare doppioni e sovrapposizioni e sopratutto un’egemonia di qualità e quantità di servizi di una struttura rispetto all’altra”.
C’è infine una dichiarazione sibiliina dell’assessore Saitta: “Per i cittadini non ci saranno rivoluzioni, la revisione della rete ospedaliera pubblica non comporta alcun disservizio per gli utenti, anzi: nei prossimi due anni porterà ad un reale aumento di efficienza nei reparti. Oggi le strutture complesse attive negli ospedali pubblici del Piemonte sono 842, con una frammentazione eccessiva di personale e con una produzione che troppo spesso non raggiunge i volumi necessari per garantire parametri di sicurezza agli ammalati, diverranno 668; nelle strutture private le strutture complesse sono 185 e diventeranno 148. Non ci saranno né licenziamenti, né riduzioni di personale: a partire dal 2015 ci saranno invece incrementi di personale medico ed infermieristico. La nostra programmazione serve a valorizzare le numerose eccellenze della nostra sanità, ma soprattutto a garantire ai piemontesi un servizio sanitario che fermi l’emorragia di mobilità passiva verso altre Regioni”. Ma se l’ospedale di Tortona perderà la rianimazione, è molto probabile che pazienti che devono subire interventi anche poco complicati scelgano altre destinazioni, che soprattuto per chi vive nei paesi al confine con la Lombardia, saranno molto probabilmente oltre confine. Così come accadrebbe sicuramente se il declassamento a ospedale di livello inferiore portasse anche a un trasferimento dei migliori medici in strutture più qualificate della provincia.