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    Benedetta Acri - b.acri@ilnovese.info  
    15 Febbraio 2016
    ore
    00:00 Logo Newsguard

    La pediatria di libera scelta, un fiore all’occhiello italiano che sta lentamente appassendo

    Il dottor Giorgio Comazzi esercita ad Alessandria. Pediatra di grande esperienza, è segretario provinciale Fimp (federazione italiana medici pediatri), il sindacato nazionale con più adesioni. Con lui si è discusso della situazione attuale della pediatria di libera scelta

    Il dottor Giorgio Comazzi esercita ad Alessandria. Pediatra di grande esperienza, è segretario provinciale Fimp (federazione italiana medici pediatri), il sindacato nazionale con più adesioni. Con lui si è discusso della situazione attuale della pediatria di libera scelta

    SALUTE – Il dottor Giorgio Comazzi esercita ad Alessandria. Pediatra di grande esperienza, è segretario provinciale Fimp (federazione italiana medici pediatri), il sindacato nazionale con più adesioni. Con lui si è discusso della situazione attuale della pediatria di libera scelta. 

    Riguardo all’organizzazione pratica, il dott. Comazzi spiega che “i pediatri lavorano principalmente in associazione e in gruppo. Nel primo caso, ogni medico esercita nel proprio studio ma associato ai colleghi: la ripartizione degli orari avviene in base ai singoli ambulatori. Nella pediatria di gruppo, invece, i colleghi lavorano nella stessa location a turnazione. Quest’ultima soluzione richiede, però, un numero congruo di pediatri: nelle periferie e nei paesi è di difficile realizzazione, è più presente nelle città e nelle metropoli. È una buona soluzione perché favorisce l’accesso allo studio prolungato venendo incontro alle esigenze dei genitori”.

    Il servizio pediatrico attuale apre le porte ad una più ampia possibilità di offerta
    : “al di là dei bilanci di salute, che sono normati, e alle tappe che seguono lo sviluppo del bambino, si assiste molto più spesso a visite svolte più per rassicurare le ansie materne che per risolvere un vero problema: siamo passati dal “tout court” al “to care”. C’è maggiore esigenza di risposte: l’aumento delle “conoscenze”, che con il web sono alla portata di tutti, instilla molti dubbi nei genitori che chiedono rassicurazioni allo specialista”. Spesso anche in modi “particolari”: “vi è una richiesta eccessiva dell’uso della tecnologia: assistiamo all’invio di fotografie via messaggio o WhatsApp e alla domanda di diagnosi telefoniche, spesso per comodità. Ma non è un atto medico che va compiuto e accettato: è giusto dare consigli telefonici, ma per fare una diagnosi il medico deve visitare il paziente”.

    L’informatizzazione ha trovato il suo spazio anche nel lavoro pratico del pediatra, con vantaggi e svantaggi
    : “è un prezioso aiuto per la memoria e l’anamnesi, permette uno sguardo completo sul paziente. Ma comporta anche molte incombenze burocratiche che intralciano il lavoro del medico. Da questo punto di vista, rispetto a qualche anno fa è cambiato tutto. L’uso del cellulare e l’introduzione della reperibilità dalle 8.00 alle 19.00 ha incrementato notevolmente la domanda: tutti chiamano, almeno un telefono ormai è presente in ogni famiglia. La reperibilità telefonica è un lavoro in più che se può da un lato rassicurare, essendo il consiglio dello specialista importante, dall’altro viene sfruttato in modo esagerato”.

    Nello specifico provinciale, “l’età dei pediatri che esercitano la professione sul territorio alessandrino in media è oltre i 50 anni. Si tratta di una generazione di medici “in età”, se così si può dire. Di fatto, in due-tre anni, col pensionamento di molti colleghi, si presenterà qualche criticità”.

    Il problema nasce a monte, dalle scuole di specializzazione: essendo pediatria un’eccellenza, le università vi ammettono pochi studenti e solo i migliori, con media voti e risultati di laurea ottimali, ma “la proiezione futura è negativa: si specializza un numero insufficiente di medici”.
    Altro nodo fondamentale riguarda ciò che succederà a livello governativo-contrattuale: “cruciali saranno l’evoluzione del confronto con il Sistema sanitario nazionale e le decisioni che verranno prese nell’ambito della pediatria. Già oggi si riscontrano difficoltà interpretative da parte del governo. È un momento molto difficile per noi e per tutta la sanità pubblica”.

    Il servizio italiano in materia è un unicum: “la pediatria di famiglia in Europa non esiste: è una nostra eccellenza, dovrebbe essere difesa e valorizzata e considerata per quello che è, un fiore all’occhiello dello Stato italiano. Garantisce l’assistenza, la cura e la prevenzione da parte di specialisti. Perché, è bene ricordarlo, noi non siamo medici generalisti per bambini, ma pediatri: professionisti specializzati che hanno studiato per anni e hanno acquisito le competenze necessarie per l’assistenza dei minori”.

    Sulla durata dell’assistenza pediatrica, infatti, le opinioni divergono dalla realtà del servizio imposto dalla legge: “il mio pensiero è che il pediatra dovrebbe assistere il paziente fino a 16 anni. L’età maggiormente critica, fatta di importanti cambiamenti fisici e psicologici, è l’adolescenza: chi meglio del pediatra che ha seguito i pazienti da sempre, da quando erano neonati, e che ha instaurato un rapporto di fiducia solido e duraturo può assisterli? A maggior ragione, la facoltà che un bambino dopo i sei anni possa essere iscritto ad un medico generico è ovviamente indipendente dalla volontà dei pediatri. C’è da dire, però, che nessuno in genere lascia il pediatra se si instaura un buon rapporto e se si lavora bene. La priorità viene data ai pazienti da zero a sei anni, ma anche in seguito l’assistenza dello specialista va privilegiata. I pediatri raramente perdono bambini di sei anni. La criticità si può manifestare nei paesi e nelle zone periferiche, dove logicamente non è possibile avere un pediatra in ogni località (gli specialisti esercitano in un determinato ambito territoriale) e per comodità i genitori li potrebbero iscrivere ai medici generici”.

    Riguardo all’organizzazione futura, il dott. Comazzi è convinto che “la figura del pediatra singolo andrà a scomparire. Si ipotizzano strutture Aft (assistenza funzionale territoriale) dove gli specialisti lavoreranno insieme. Ma la loro realizzazione è legata ad accordi nazionali che non sussistono a tutt’oggi. Anche il nostro contratto a livello statale è ad un punto di stallo”.
    Molte problematiche devono essere affrontate su larga scala, non solo in ambito provinciale. Ma sicuramente un’eccellenza della sanità italiana non meriterebbe di essere cancellata o abbandonata a se stessa.
     

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