Ritorno alla terra, più che una moda è una necessità
Gli under 40 tornano a lavorare nell'agricoltura, ma partire da zero è quasi impossibile se non si hanno capitali iniziali da investire". C'è allora chi punta sul bio e su prodotti di nicchia
Gli under 40 tornano a lavorare nell'agricoltura, ?ma partire da zero è quasi impossibile se non si hanno capitali iniziali da investire". C'è allora chi punta sul bio e su prodotti di nicchia
PROVINCIA – Giovani braccia rubate all’agricoltura, si diceva negli anni Ottanta per indicare il fenomeno dell’abbandono delle campagne da parte delle nuove generazioni, attratte dai nuovi lavori metropolitani. Nel nuovo millennio l’agricoltura sembra tornare a riprendesi le “braccia” un tempo rubate. Un mito, quello del ritorno ai ritmi naturali della terra che attira giovani. A volte accade per scelta, a volte per necessità. Moda, fenomeno sovrastimato, o realtà? C’è del vero, secondo i dati forniti dalle associazioni di categoria, “ma non è facile come sembra”, avvisa chi ci ha provato.
Partiamo dai dati: a livello nazionale salgono a quasi 600 mila le imprese italiane condotte da under 35 con un saldo positivo record di 50 mila rispetto all’inizio dell’anno, tra nuove iscrizioni e chiusure, con l’Italia che si colloca così ai vertici dell’Unione Europea in termini di numero di giovani imprenditori. E’ quanto è emerso dal primo studio su “Bamboccioni a chi? i giovani italiani che fanno l’impresa” elaborato dai giovani della Coldiretti.
Si tratta per lo più di aziende di piccole e medie dimensioni (rappresentano il 99,% delle nuove attività). A livello locale fornisce un’idea dell’andamento la Cia (Confederazione Italiana Agricoltori), basandosi sulle richieste di insediamento per usufruire dei Fondi Psr (piano di sviluppo rurale). Il totale dei richiedenti alessandrini under 40 sono 123, di cui 93 ammessi al finanziamento. Solo in ambito Cia le domande presentate sono 45, di cui 40 ammesse.


“La crisi in agricoltura è iniziata più tardi rispetto ad altri settori, nel 2011. C’è stata una vera e propria rivoluzione. Per dire l’ultima: oggi, con i biodigestori, conviene produrre mais per bruciarlo, invece di completare il ciclo”, spiega Alessandro Calvi di Bergolo. Ma, a quel punto, si entra in conflitto con quella che è l’etica dell’agricoltura, produrre per nutrire e non per distruggere.
La svolta, secondo il giovane di Confagricoltura, è quella di abbinare l’offerta agricola con il turismo, “attraverso accordi con università, enti, associazioni”. La strada è ancora lunga.