“Gesù di Nazareth”: lo sguardo del mistero
La storica serie televisiva di Zeffirelli, autentico kolossal dell’epoca, è fruibile durante il periodo pasquale su Tv2000 e in streaming gratuito sulla piattaforma RaiPlay
TELEVISIONE – 260 attori in scena, sei ore e mezzo di durata, 700 milioni di telespettatori al debutto, nel marzo del 1977: questi gli stupefacenti numeri della storica serie televisiva in cinque puntate Gesù di Nazareth, autentico kolossal dell’epoca in cui andò in onda, una co-produzione italo-inglese con un cast internazionale che comprendeva ben sette premi Oscar (Anne Bancroft, Ernest Borgnine, Laurence Olivier, Christopher Plummer, Anthony Quinn, Rod Steiger, Peter Ustinov).
Il già affermato regista Zeffirelli, reduce da pellicole di successo quali Romeo e Giulietta (1968) e Fratello sole, sorella luna (1972, in cui aveva raccontato in maniera meno agiografica la figura di San Francesco d’Assisi), era stato corteggiato a lungo dai produttori italiani perché accettasse di dirigere un film sul Nazareno, come raccontò lui stesso – all’indomani dell’esordio televisivo – in un’intervista a “Litterae Communionis”: «Io penso che tutti, nel nostro mestiere, abbiamo pensato per lo meno una volta di fare una cosa su Gesù. Io ci avevo pensato nel 70’, quando insieme a Flaiano e alla Susi D’Amico scrissi L’inchiesta, un film che prendeva le mosse dalla morte di Gesù e dal problema che aveva creato la scomparsa del suo corpo. […] Poi, come accade a tanti progetti, non se n’è fatto nulla. […] La televisione italiana aveva già fatto il Mosè. E quelli del Mosè, quelli degli Atti degli Apostoli, che avevano già fatto programmi di quel tipo, che erano Gennarini e Fabiani, dissero che era il momento di affrontare il Gesù, prima che lo facessero altri e lo facessero male. I produttori vennero da me, con una lunga lista di registi. Io ero in testa. Ma rifiutai. Non me la sentivo, era una responsabilità troppo grossa. Ma loro per mesi continuarono ad insistere».
I tempi, del resto, sembravano maturi per una narrazione non convenzionale del Cristo: nel 1970 era andato in scena a Broadway Jesus Christ Superstar di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice, un’opera rock irriverente ma di grande presa sul pubblico, che aveva contribuito a trasformare l’iconografia classica del Messia, trasposta tre anni più tardi da Norman Jewison nell’omonimo film.
Anche Zeffirelli si inserisce – pur mantenendo intatto il proprio stile di racconto, così raffinato e indulgente nella sua eleganza da sfiorare il manierismo – nel novero di quegli autori animati dall’intento di proporre una riflessione atipica su di una figura dalla simbologia complessa, a metà strada fra storia e culto religioso.
Lontano dal Rossellini didattico de Il messia (1975), come dal Pasolini scabro del precedente Il Vangelo secondo Matteo (1964), il regista fiorentino lavora quasi interamente sui Vangeli tradizionali, citando solo qualche episodio dai Vangeli apocrifi. «Cosa volevo raccontare?. Il mistero di un uomo che è figlio di Dio. Ma soprattutto la sua umanità», dichiarerà a conclusione della sua fatica.
Per ottenere questo risultato Zeffirelli immerge la vicenda di Gesù e di chi lo circonda, da seguace o da avversario, nella matericità di spazi geografici particolarmente evocativi, ricostruiti fra Tunisia e Marocco, immersi in una luce che sottolinea bellezze e squallori, facendosi – a tratti – espressione del divino.
La ricerca dei volti adatti ad ogni personaggio è anch’essa anticonvenzionale: basti pensare agli interpreti su cui si indirizza la prima scelta di Zeffirelli, la “scandalosa” Maria Schneider di Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci per il ruolo della madre di Gesù (sostituita, dopo la sua rinuncia, dalla più rassicurante Olivia Hussey, già protagonista di Romeo e Giulietta e vincitrice di un Golden Globe per questa interpretazione), Anne Bancroft come Maria Maddalena e Al Pacino o Dustin Hoffman nelle vesti del Messia. Le massime espressioni del divismo hollywoodiano dell’epoca, insomma, surclassati – paradossalmente – dalla potenza interpretativa, concentrata tutta nello sguardo azzurro e magnetico (reso più intenso, con un’aura di sovrannaturale, grazie a un particolare trucco di scena) dell’attore inglese Robert Powell, in Italia in quel periodo perché al lavoro sul set di Al di là del bene e del male di Liliana Cavani (1977).
Powell, inizialmente valutato per il ruolo di Giuda, approda nei panni sia divini che umani del Cristo alla consacrazione professionale, imponendosi all’attenzione di pubblico e critica.
Forse non c’è stato, cinematograficamente parlando, un Messia più fotogenico ed empatico con la macchina da presa, imbevuto di contrasti: carnale e mistico, severo e indulgente, predicatorio e libertario, capace di sconvolgere tutti gli schemi.
A distanza di più di quarant’anni dalla sua uscita sullo schermo il Gesù di Nazareth, al di là di alcuni compiaciuti formalismi – autentici marchi di fabbrica zeffirelliani – rimane una visione potente, esteticamente vertiginosa, in grado di precipitare lo spettatore nel mistero, non solo della fede.
«Io non so se ho fatto un’opera egregia o no», concludeva Zeffirelli nell’intervista per “Litterae Communionis”. «Ma se un solo fotogramma riuscirà a scuotere qualcuno, a risvegliare in lui l’eco di quel messaggio divino che ognuno porta dentro di sé, non solo avrò dato una giustificazione a tutti i sacrifici fatti, ma addirittura avrò dato un senso a tutta la mia vita».
Gesù di Nazareth è fruibile durante il periodo pasquale sul canale Tv2000 e in streaming gratuito sulla piattaforma RaiPlay.
Gesù di Nazareth (Jesus of Nazareth)
Regia: Franco Zeffirelli
Origine: Italia-Regno Unito, 150’
Cast: Robert Powell, Anne Bancroft, Regina Bianchi, Ernest Borgnine, Claudia Cardinale, Valentina Cortese, Ian Holm, Olivia Hussey, Stacy Keach, James Mason, Ian McShane, Laurence Olivier, Donald Pleasence, Christopher Plummer, Anthony Quinn, Fernando Rey, Rod Steiger, Peter Ustinov, Yorgo Voyagis
Sceneggiatura: Anthony Burgess, Franco Zeffirelli, Pier Emilio Gennarini, Suso Cecchi d’Amico, Masolino d’Amico
Fotografia: Armando Nannuzzi, David Watkin
Musiche: Maurice Jarre
Montaggio: Reginald Mills
Scenografia: Gianni Quaranta
Arredamento: Gianni Quaranta
Costumi: Marcel Escoffier, Enrico Sabbatini
Effetti: Luciano Bird
Suono: Simon Kay, Jerry Humphrey, Don Share
Produzione: Vincenzo Labella per Itc (Londra) e Rai Tv (Roma)
Distribuzione: Titanus – Panarecord, San Paolo Audiovisivi, Editrice La Scuola