Le tagliatelle di nonna Albertina, trionfo della nostra tradizione
LE TAGLIATELLE DI NONNA ALBERTINA
La storia narra che le tagliatelle furono inventate a fine ‘400 dallo Chef Zafirano in occasione del matrimonio tra Lucrezia Borgia ed il Duca di Ferrara, in questa occasione il cuoco di Corte si ispirò appunto ai lunghi capelli biondi della nobile sposa per la creazione di questa pasta.
Tutto sommato la veridicità della storia non è comprovata quel ch’è certo è che le tagliatelle sono il piatto Emiliano per antonomasia e le sfogline, ovvero le signore che si dedicano a rendere la sfoglia della pasta sottile ed elastica, esistono da generazioni e generazioni e questo, oltre ad essere il primo piatto della domenica per eccellenza, è diventato un vero e proprio caposaldo della tradizione italiana nel mondo.
Un piatto che porta alla memoria di tutti noi l’immagine delle nonne che tirano la pasta sottile mentre il ragù pian piano sfrizzica per ore sui fornelli e, se da un lato si tratta di un piatto che unifica l’Italia con le gambe sotto il tavolo, dall’altro la divide in molteplici varianti: c’è chi aggiunge una cospicua quantità di pomodoro, chi il concentrato e chi non lo mette proprio, chi ama aggiungere funghi secchi, chi carne a pezzettoni, chi invece la mette bella trita e poi ancora cannella si e cannella no, noce moscata, strutto, olio o burro… insomma le varianti sono infinite, io vi do la mia e spero vi possa trarre ispirazione per una gustosa domenica in famiglia.
LA FAVOLA:
Nell’aia di nonna Albertina c’è un grande cicaleccio, si sta spettegolando sull’ultimo amore nato nel cortile. In questo grande spazio vivono tanti animali diversi tra di loro che per la maggior parte del tempo mangiano felici e per il restante si riposano chi all’ombra delle numerose piante, chi sotto il caldo sole. Nel prato c’è il toro Giovanni che con la sua stazza protegge le mucche da tutti coadiuvato dal cane Romeo. In un recinto un po’ appartato se ne sta la scrofa Genoveffa che coricata sulla paglia fresca grufola e allatta i suoi nove maialini. Ci sono poi le caprette Nerina e Grigiona che si spingono ai margini del prato dove possono gustarsi le tenere foglie dei rami più bassi. La pecorella Meringa con i suoi due agnellini bianchi e riccioluti bruca l’erba all’ombra di un grande salice, mentre la famigliola di oche fa il primo bagno nello stagno di buon mattino.
La coniglia Giustina ha una nidiata di sette piccoli che difende coprendoli con i ciuffi del suo pelo. Infine nel pollaio razzolano mamma Gallina, papà Gallo e le loro due gallinelle Tina e Rina.
Tutte le mattine la nonna arrivata nel pollaio raccoglie le uova fresche che userà per fare torte e pasta fresca. Rina però da qualche giorno non canta più ed è sempre vicina alla recinzione che sospira mentre il cane Romeo si mette in mostra con grandi evoluzioni. Sono innamorati, ma il loro amore è un amore impossibile perché le galline non volano e Rina non riuscirà mai ad uscire dal recinto.
Loro continuano però a baciarsi becco a muso attraverso la rete finché un giorno, la gallina, si arrampica a fatica nel punto più alto del pollaio e con coraggio sbatte forte le sue ali e riesce ad oltrepassare l’ostacolo, planando fra le zampe di Romeo.
Da quel giorno vissero felici e contenti e anche nonna Albertina dopo aver capito che tra i due c’era del tenero decise di non separarli mai più e la gallinella felice produsse solo uova d’oro, dal gusto sublime e nonna Albertina le utilizzò solo per i suoi piatti più pregiati.
L’amore non tiene conto delle differenze ma è universale e vince sulle difficoltà.
RICETTA:
- Difficoltà: bassa
- Porzioni:4
- Tempo di preparazione: 15 min
- Tempo di cottura: 5+60
Ingredienti:
- 200 gr di farina 00
- 2 uova
- 300 gr di carne macinata di vitello
- 1 bicchiere di vino rosso
- 1 carota
- 1 gambo di sedano
- ½ cipolla
- 100 gr di concentrato di pomodoro
- Sale
- Olio evo
- q.b. brodo
Preparazione:
Disporre a fontana la farina, nel centro mettere le uova (non usiamo sale nell’impasto che tende a stracciarlo) ed impastare energicamente fin che non si sarà formato un impasto liscio ed omogeneo. Avvolgere la pasta in un pezzo di pellicola trasparente e farla riposare per almeno 20 minuti (meglio se supera l’ora)
Stendere con il mattarello molto finemente la pasta, avvolgerla da ambedue i lati e tagliarla con un coltello della dimensione giusta.
Tenere la pasta a disposizione.
In una pentola rosolare sedano carote e cipolle tritate finemente con un filo di olio, poi aggiungere la carne e rosolarla bene. Sfumarla con il vino rosso (la ricetta classica usa il vino rosso e non quello bianco) e lasciare evaporare bene, aggiungere il concentrato di pomodoro (a Bologna si usa una salsa di pomodoro fatta ridurre della metà che noi possiamo sostituire con il concentrato) ed aggiungere brodo in cottura per non farlo asciugare troppo.
La cottura deve essere fatta a fuoco lento e per molto tempo.
Quando il ragù sarà cotto cuocere le tagliatelle in abbondante acqua salata per circa 2 minuti, poi scolarle e spadellarle per circa 1 minuto (la pasta ce la copia tutto il mondo, ma questo è il passaggio fondamentale per dare quella cremina e gusto inimitabile) con il ragù per far insaporire bene il tutto.
Servire in tavola fumanti, se si vuole spolverandola di Parmigiano Reggiano o a chi piace con qualche fiocco di burro.
LA SOMMELIER Stefania Bobbio CONSIGLIA:
Le tagliatelle al ragù sono un piatto cucinato da nord a sud ognuno con le proprie varianti ed ognuno con i propri caposaldi ma non dimentichiamoci che pone le sue origini nella bella Emilia e sono convinta che il cibo ed il vino di una regione vanno a braccetto completandosi l’un l’altro. Non ho certo scoperto niente è da sempre infatti che l’agnello in Sardegna si mangia bevendo Cannonau, il brasato con il Barolo in Piemonte e le alici con il Vermentino in Liguria. Per rendere omaggio a queste meravigliose tagliatelle altro non potevo fare che riportarle nella loro regione e accompagnarle ad un buon Lambrusco, vino che rappresenta in modo autentico la sua terra: frizzante, vivace e conviviale.
Nelle tagliatelle al ragù troviamo principalmente la nota acidula del pomodoro, la tendenza dolce della pasta e quella della carne che sviluppa nella sua lunga cottura e l’untuosità del burro; il vino in abbinamento, per reggere degnamente l’abbinamento, deve quindi avere effervescenza e un pizzico di acidità e sapidità.
Il Lambrusco è un vino giovane, con tannino e acidità contenuta, con grado alcolico moderato, una leggera spuma ed un profumo fruttato e vinoso; prodotto per lo più in autoclave anche se una piccola parte viene fatto rifermentare in bottiglia. E’ uno dei vini più venduti al mondo ma soprattutto il più apprezzato della sua regione. Esistono diverse varietà del vitigno Lambrusco e le più note sono Salamino, Grasparossa, Sorbara e Maestru e vengono vinificate o in rosso o in rosato, ma anche secco, amabile o dolce e tutto ciò ne determina le caratteristiche organolettiche.
Il Lambrusco in questo caso che andremo ad abbinare è rosso e secco, all’esame visivo rosso rubino intenso con sfumature violacee e una spuma fine e persistente, al naso fragrante e vinoso con intensi sentori li mora, ciliegia e lampone, in bocca fresco, sapido, con una buona acidità, di medio corpo e piacevole effervescenza. Buona persistenza aromatica intensa e finale fruttato già percepito al naso insomma perfetto per il nostro abbinamento.