Il Governo lancia il sasso e nasconde la mano
Intervento del professore Vito Rubino dell'Università del Piemonte Orientale sul nuovo Dpcm
Con il nuovo DPCM il Governo era chiamato ad assumersi (ancora una volta) la responsabilità di compiere scelte dolorose per il Paese, ma necessarie per la tutela della salute e della tenuta sociale. Anziché adottare una linea chiara, fatta di contenuti concreti e visione della situazione presente e futura, il provvedimento tradisce titubanza, riluttanza a imporre ulteriori sacrifici, approccio di compromesso sia con il livello di Governance (Regioni, Provincie e Comuni) che con gli attori economici (associazioni di categoria, sindacati etc.).
Gli Italiani restano, così, al buio almeno per un’altra settimana, ossia il tempo tecnico che il Governo stesso si è dato per riesaminare il dossier.
Mi riferisco, in particolare, a ciò che è stato indicato da Il Post come lo scaricabarile sulla responsabilità della situazione, imputata più a comportamenti individuali che a scelte di fondo su come gestire l’attuale punto di mediazione fra esigenze economiche e tutela della salute (emblematico, in effetti, pare essere il caso delle palestre, rispetto alle quali Conte ha espressamente detto che i protocolli esistenti vanno bene, ma giungono notizie della loro mancata applicazione che devono essere verificate nell’arco della prossima settimana…). Non si tratta, tuttavia, del solo profilo rilevante.
A queste giuste osservazioni potrebbero aggiungersi ulteriori aspetti del pasticcio che sembra profilarsi all’orizzonte targato ‘nuova strategia sul coronavirus’. A livello politico il governo – almeno per il momento – passa la mano. L’indicazione della necessità di gestire l’emergenza localmente, attribuendo ai sindaci (spesso inermi di fronte alle pressioni dal basso e certamente privi di consulenti scientifici adeguati) la responsabilità di decidere se istituire zone rosse in città (cui, si suppone, dovrebbero seguire misure di compensazione che, tuttavia, solo il Governo potrebbe varare…) sembra ispirata ad un clima di concordia e cooperazione, ma serve solo a frantumare il quadro della gestione di una pandemia globale in una serie infinita di ordinanze, provvedimentini e misure territoriali dentro le quali ci perderemo, facendo riemergere la tentazione di erigere a livello di ogni Comune un piccolo confine… Alla ‘Non ci resta che piangere’!
Le (poche) scelte fatte a livello centrale appaiono, a loro volta, assai confuse, per non dire simboliche: ristoranti sì, ma non più di sei persone al tavolo; alcolici sì, ma solo se non li porti via (il tutto, peraltro, senza ancora chiarire il senso del divieto di asporto a fronte del quale i supermercati già da qualche giorno in Lombardia hanno smesso di vendere birre e altre bevande dopo le 18,00… Anche a chi se le voleva semplicemente portare a casa!). Palestre sì… Ma solo se ci si comporta bene. Infine docenti e ricercatori a casa da congressi e convegni, perché evidentemente sono più a rischio degli studenti, che continueranno ad andare in aula per la didattica ordinaria. Insomma, tutto e il contrario di tutto, traducibile così: ognuno valuti se farsi un lock down personalizzato, all’insegna del “si salvi chi può” all’amatriciana. Ricordiamocelo, prima di continuare a lodare le capacità italiche di gestire meglio di altri la situazione!
– restano sospese le attività che abbiano luogo in sale da ballo e discoteche e locali assimilati, all’aperto o al chiuso.
– Sono vietate le feste nei luoghi al chiuso e all’aperto.
– Le feste conseguenti alle cerimonie civili o religiose sono consentite con la partecipazione massima di 30 persone nel rispetto dei protocolli e delle linee guida vigenti. Quindi al ristorante, o ad un catering non possono andare più di 30 persone che hanno partecipato alla cerimonia civile o religiosa.
– Con riguardo alle abitazioni private, è fortemente raccomandato di evitare feste, nonché di evitare di ricevere persone non conviventi di numero superiore a sei.
– Sono vietate le sagre e le fiere di comunità.
– Restano consentite le manifestazioni fieristiche di carattere nazionale e internazionale, previa adozione di Protocolli validati dal Comitato tecnico-scientifico di cui all’ art. 2 dell’ordinanza 3 febbraio 2020, n. 630, del Capo del Dipartimento della protezione civile, e secondo misure organizzative adeguate alle dimensioni ed alle caratteristiche dei luoghi e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza interpersonale di almeno un metro;
– sono sospese tutte le attività convegnistiche o congressuali, ad eccezione di quelle che si svolgono con modalità a distanza;
– tutte le cerimonie pubbliche si svolgono nel rispetto dei protocolli e linee guida vigenti e a condizione che siano assicurate specifiche misure idonee a limitare la presenza del pubblico, ad accezione di quelle di rilevanza nazionale, si svolgono senza la presenza di pubblico;
– nell’ambito delle pubbliche amministrazioni le riunioni si svolgono in modalità a distanza, salvo la sussistenza di motivate ragioni di interesse pubblico;
– è fortemente raccomandato svolgere anche le riunioni private in modalità a distanza
le attività commerciali al dettaglio si svolgono a condizione che sia assicurato, oltre alla distanza interpersonale di almeno un metro, che gli ingressi avvengano in modo dilazionato e che venga impedito di sostare all’interno dei locali più del tempo necessario all’acquisto dei beni;
– le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie) sono consentite dalle ore 5,00 sino alle ore 24,00 con consumo al tavolo, e con un massimo di sei persone per tavolo, e sino alle ore 18.00 in assenza di consumo al tavolo. le attività di cui al primo periodo restano consentite a condizione che le Regioni e le Province autonome abbiano preventivamente accertato la compatibilità dello svolgimento delle suddette attività con l’andamento della situazione epidemiologica nei propri territori e che individuino i protocolli o le linee guida applicabili idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in settori analoghi; detti protocolli o linee guida sono adottati dalle Regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali e comunque in coerenza con i criteri di cui all’allegato 10;
La novità è rappresentata dal numero massimo di persone per tavolo (6). Resta confermato che l’orario è subordinato al consumo al tavolo, senza ulteriori indicazioni se trattasi di somministrazione assistita, il che rappresenta un vantaggio per le imprese di ristorazione artigiane;
– resta sempre consentita la ristorazione con consegna a domicilio nel rispetto delle norme igienico-sanitarie sia per l’attività di confezionamento che di trasporto, nonché, fino alle ore 24,00 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze;
– continuano a essere consentite le attività delle mense e del catering continuativo su base contrattuale, che garantiscono la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro, nei limiti e alle condizioni di cui al periodo precedente;
– è fatto obbligo per gli esercenti di esporre all’ingresso del locale un cartello che riporti il numero massimo di persone ammesse contemporaneamente nel locale medesimo, sulla base dei protocolli e delle linee guida vigenti.
Prima interpretazione: per numero massimo di persone ammesse contemporaneamente si intende, quelle che possono sedere allo stesso tavolo. Quindi possono accedere contemporaneamente fino ad un massimo di 6 persone contemporaneamente.
– restano comunque aperti gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande siti nelle aree di servizio e rifornimento carburante situati lungo le autostrade, negli ospedali e negli aeroporti, con obbligo di assicurare in ogni caso il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro.