“No al tartufo bianco copiato in laboratorio, tuteliamo il Made in Italy”
"I tuberi 'copiati' dovranno avere un?apposita etichetta per non ingannare i consumatori"
ALESSANDRIA – Con la Brexit gli inglesi hanno iniziato a copiare in laboratorio il pregiato tartufo bianco che potrebbe presto sostituire sulle tavole britanniche quello italiano, che al contrario cresce spontaneamente. È quanto afferma Coldiretti nel commentare l’annuncio sull’eventuale produzione in Gran Bretagna del pregiato Tuber magnatum pico, grazie alla scoperta degli scienziati dell’Istituto nazionale francese per la ricerca sull’agricoltura, l’alimentazione e l’ambiente (Inrae), che avrebbero affinato l’arte di coltivarlo all’interno dei propri laboratori. Pare che sia già stato portato nel Regno Unito, un lotto di alberelli di quercia di tartufo bianco nel tentativo di avviarne la produzione.
Anche se i terreni britannici, calcarei e umidi, sarebbero particolarmente adatti per consentirne la coltivazione secondo gli scienziati, è auspicabile che i tuberi “copiati” e prodotti negli impianti abbiano comunque un’etichettatura apposita, per evitare di ingannare i consumatori e aumentare i rischi della vendita sul mercato di importazioni low cost spacciate per italiane, magari come pregiato tartufo bianco tricolore. Un fenomeno contro il quale non a caso la Coldiretti è impegnata a chiedere la tracciabilità delle transazioni e l’indicazione obbligatoria dell’origine. In gioco c’è un business, stimato in oltre mezzo miliardo di euro sull’intera penisola.
“Il tartufo in Piemonte è radicato nella tradizione, è particolarmente sensibile all’inquinamento, ai cambiamenti climatici e cresce soltanto in condizioni ambientali molto specifiche – ha affermato il presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco – Una cosa che hanno in comune la maggior parte dei tartufi è la capacità di svilupparsi in terreni ricchi di carbonati di calcio, umidi ma ben drenati e senza ristagni e ben areati. Queste condizioni si possono trovare specialmente in alcune zone del Piemonte e per quanto riguarda la nostra provincia le più famose per la raccolta dei tartufi sono la zona del Monferrato, la Val Cerrina e a sudovest di Alessandria.”
Oltretutto il tartufo svolge anche una funzione economica a sostegno delle aree interne boschive dove rappresenta una importante integrazione di reddito per le comunità locali.
“In attesa di capire se i tentativi inglesi di produrre il pregiato tubero andranno a buon fine, i problemi più immediati per la filiera del tartufo italiano restano però quelli legati all’emergenza Covid, con la chiusura del canale della ristorazione che rappresenta di fatto il principale sbocco di mercato, con la conseguente paralisi delle vendite – ha aggiunto il direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo -. A pesare sono state anche le limitazioni imposte dalle misure di prevenzione che hanno ostacolato l’organizzazione delle tradizionali mostre, sagre e manifestazioni dedicate al tartufo come la “Fiera Nazionale del Tartufo Trifola d’Or” di Murisengo.”