Maxioperazione antidroga: coinvolto anche l’Alessandrino, 37 arresti
MILANO – Una maxioperazione dei Carabinieri del Comando Provinciale di Milano ha portato a ben 37 arresti di narcotrafficanti e spacciatori. Ahrat, questo il nome dell’azione, ha coinvolto diverse province: Milano, Alessandria, Bergamo, Genova, Monza, Padova, Pavia, Roma, Varese, Vibo Valentia e Vicenza.
Il tribunale meneghino, tramite il procuratore aggiunto Alessandra Dolci e il sostituto procuratore Gianluca Prisco, ha permesso ai carabinieri di dare esecuzione di ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 20 italiani e 17 stranieri. 27 di loro in carcere, 10 ai domiciliari.
I componenti del sodalizio criminale sono ritenuti responsabili – a vario titolo – di associazione finalizzata alla produzione, al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, con le aggravanti della transnazionalità e della disponibilità di armi.
Il provvedimento scaturisce da un’indagine avviata nell’agosto del 2018 dai militari della Compagnia Carabinieri di Milano Duomo a seguito dall’arresto in flagranza di un cittadino italiano, trovato in possesso di 3,5 kg di sostanza stupefacente (tra cocaina, hashish e marijuana). L’analisi dei contenuti della rubrica telefonica e dei tabulati del cellulare del citato soggetto e gli esiti delle articolate attività tecniche sviluppate conseguentemente hanno consentito la progressiva individuazione di svariati gruppi criminali, tutti operanti nel capoluogo lombardo anche se con ramificazioni in altre aree del Paese.
Il primo, di più elevata caratura criminale, è risultato composto da 11 soggetti italiani, alcuni dei quali di origine calabrese, operanti da diversi anni nelle piazze di spaccio di Bollate, Baranzate, Piazza Prealpi e Quarto Oggiaro (storicamente legate al clan della ‘ndrangheta reggina “Serraino – Di Giovine”). I due esponenti di spicco di tale struttura associativa (si tratta di un 53enne di Petilia Policastro-KR e di un 43enne di Joppolo-VV) sono risultati mantenere saldi rapporti con vertici ed emissari della stessa ‘ndrangheta reggina.
I restanti ascrivibili a nuclei di origine eritrea (4 soggetti, la cui attività di spaccio era destinata quasi esclusivamente ad una cerchia ristretta di clienti abituali) e sudamericana (7 persone, la cui attività criminale si sviluppava sull’asse Lima-Roma-Milano), nonché ad alcune cellule, di varia nazionalità o etnia (15 tra italiani, rumeni, sinti, marocchini, tunisini, tedeschi), tra loro indipendenti, che hanno tuttavia evidenziato una spiccata operatività transnazionale.
L’inchiesta, in particolare, ha permesso di documentare come i diversi gruppi, servendosi anche di appositi telefoni criptati di produzione olandese, siano stati in grado di rifornirsi, movimentare e immettere complessivamente sul mercato nazionale droghe di vario tipo per un valore di oltre 4 milioni di euro.
Il nome dell’operazione (“Arhat”, espressione usata nella religione buddhista per indicare “colui che ha raggiunto la perfezione”) trae spunto da quello del cane di una spregiudicata coppia italiana che, allestendo una fiorente attività di tipo “familiare” dedicata all’importazione e allo smercio di vari generi di stupefacente, non esitava a coinvolgere il figlio 11enne nello spaccio (al quale nel corso di un’intercettazione veniva insegnato come confezionare la droga), servendosi a tale scopo del proprio appartamento milanese (in zona Sempione) quale “base logistica” dell’organizzazione.
L’attività, nel suo complesso, ha permesso di: operare già 23 arresti in flagranza di reato e sequestrare, complessivamente circa 35 kg di sostanze stupefacenti (del tipo cocaina, hashish e marijuana), circa 100.000 € in contanti (provento di attività delittuosa), 6 pistole e 1 carabina (rinvenute nella disponibilità della coppia citata).
Nel corso dell’operazione, sono stati inoltre eseguiti il sequestro preventivo di un conto corrente e del predetto appartamento, individuato quale “base logistica” per il confezionamento delle sostanze stupefacenti, 45 perquisizioni domiciliari.