Peste suina, l'emergenza non si ferma: altri 8 casi in provincia
I rilevamenti a Francavilla Bisio, Grognardo, Montaldo Bormida, Ponzone, Silvano d’Orba e Trisobbio
La recinzione non ancora conclusa. Ne serve un'altra. Ma i fondi scarseggiano...
Ammesso che ce ne siano state, le certezze relative alla peste suina africana sono finite.
La conferma dopo le ultime dichiarazioni del commissario straordinario, Angelo Ferrari, secondo il quale “serve una seconda recinzione per contenere i cinghiali”. E questo pur non essendo ancora completata la prima perché, a conti fatti, mancano una ventina di km di rete in Piemonte (in particolare in Val Borbera) e la Liguria, che condivide il problema con l’Alessandrino, è in ritardo nella posa dei pali.
E adesso (a un anno dal divampare del problema) si parla di una seconda recinzione per far sì che i cinghiali non si spostino a Ovest e dunque evitare che il virus arrivi a intaccare l’Astigiano e, soprattutto, la provincia di Cuneo, terra in cui gli allevamenti di suini sono una risorsa fenomenale.
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Va da sé che i fondi necessari per la recinzione non sono sufficienti. E il commissario lo ha messo in evidenza, ricordando che bisogna anche procedere con l’abbattimento dei cinghiali e che è necessario sostenere quegli allevamenti in cui sono stati abbattuti suini (sani) per evitare il propagarsi del morbo.
Sulla necessità di “depopolare” i cinghiali si è espresso anche l’assessore all’Agricoltura del Piemonte, Marco Protopapa. Ma stamani, contro la Regione, si è scagliato il consigliere Domenico Ravetti: “E’ allarmante – ha detto – sapere che gli atti della Giunta regionale si limitano a tavoli di lavoro e a riunioni sterili, mentre la peste suina africana dilaga. E’ ancora più sconcertante vedere che gli esponenti al governo del Piemonte, invece di assumersi in pieno le proprie responsabilità, tentano di scaricare le colpe sull’Europa o sul Commissario. Non ci sbagliavamo quando chiedevamo una Commissione d’inchiesta sulla peste suina e sulla gestione degli ungulati. Sarebbe bastato perfino un gruppo di lavoro per aiutare l’assessorato. Invece hanno deciso di procedere escludendo ogni forma di coinvolgimento”.
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E poi ci sono i cinghialisti, a nome dei quali parla Giorgio Storace, a capo del coordinamento delle squadre di cacciatori: “Noi eravamo pronti ad avviare gli abbattimenti un anno fa, ma in tutto questo tempo non si è fatto nulla e adesso si chiede una seconda barriera…”. Ed è un altro che si aggiunge all’elenco di chi è preoccupato per l’incertezza.
Idem Mauro Bianco, presidente di Coldiretti Alessandria, che invia una nota: “Dopo un anno ancora nessun risultato apprezzabile. Numero dei cinghiali e danni continuano ad aumentare, mentre le risorse a diposizione sono assolutamente insoddisfacenti: anzi, l’andamento pandemico si è allargato e alcuni esemplari sono stati ritrovati al di fuori della recinzione. Andrebbe rafforzata la figura del tutor in quanto unico ‘strumento’ ad oggi di legittima difesa dei danni da fauna selvatica”.